sabato 11 aprile 2015

Addio a Silvana Palermo “La signora delle orecchiette pugliesi”, Colbuccaro in lutto

Se n’è andata  poco dopo il ricovero nell' ospedale maceratese, la signora Palermo, 75 anni, brindisina trapiantata da 40 anni a Colbuccaro di Corridonia al seguito del marito maceratese, dipendente Snam, conosciuto in Puglia e poi seguito a Milano al quartiere generale dell’Eni. Era una delle cuoche del ristorante “Il Tarantino”. Trapiantata quella famiglia maceratese-pugliese a poche centinaia di metri da un’altra, stessa composizione: quella del ‘Tarantino’. Con i Ferretti subito l’amicizia: con Giuliana, Stefania, Betty e con il capofamiglia Pino, portiere della Grande Maceratese, di squadre di A e B (tra queste Piacenza, Vicenza e Lecce) e col figlio Will: entrambi anch’essi di questi stessi giorni, nove anni fa, strappati all’affetto di tutti. Come lei, Silvana da trentanni la ‘signora delle orecchiette pugliesi’ per cui ‘Il Tarantino’ va famoso. Questa mattina

intorno al feretro tutta la grande famiglia di Silvana. La figlia Anna Maria, 49 anni; Rino, 47,





Francesca, 38. E i nipoti che la chiamavano con tanto amore ‘nonna Mimì’. Dal maggiore, il ventiduenne Bernardo (lo stesso nome del nonno paterno Cherchi, ‘mitico’ direttore dell’Hotel Villa Quiete dei tempi d’oro a Valle Cascia) il fratello Cesare, 17; Lucrezia, 8 anni, figlia di Francesca e Silvia (nel nome della nonna Silvana), 7 mesi, la più piccola, figlia di Rino. Dal ’77 a Colbuccaro fino a ieri sera, Silvana Palermo ha vissuto: una bella famiglia ‘pugliese’ con i valori fondanti tipici di quella terra tanto simile a quella dei Ferretti. ‘Incardinatisi’ a Passo del Bidollo, due anni più tardi, al seguito del capofamiglia Giovanni Giannangeli e sua moglie Ida Mariani, ‘storici’ ristoratori nel centro di Macerata, in via Santa Maria della Porta, la mensa ‘buona’ dei calciatori biancorossi dove il giovane Pino aveva conosciuto e sposato la primogenita della coppia, Giuliana. Tra la signora Ida, ‘cuoca’ già a 7 anni e Silvana, e poi le figlie Giuliana ed Anna Maria (titolare con il marito Daniele e il figlio Jerry del ristorante ‘Officina’) un fortissimo legame di stima, affetto ed amicizia. Tanto che le ‘signore della grande cucina’ del ristorante-pizzeria erano diventate due: con Ida, pure Silvana ‘le mani insostituibili delle nostre orecchiette’ dice commossa, Stefania, la seconda generazione della famiglia Ferretti. Che ricorda così la grande amica di famiglia: «Una donna solare, mediterranea, amava i colori della primavera, non il nero. Religiosa, era devota al culto di Santa Rita, che le ricordava l’amore e la difesa del nuleo fmailiare. Adesso per ricordare Silvana verrà piantata una bella mimosa nel giardino davanti la sua casa. Era inoltre una donna fortunata: acquistare un biglietto e vincere in ogni caso, per lei era quasi una norma felice. Tanto che se ci trovavamo insieme e lei aveva già acquistato il tagliando, noi non ci pensavamo neppure a tentare la sorte ». La ‘fortuna’ della signora Silvana s’interrompe tuttavia alla fine dell’estate in agosto. «Quando –ricorda Giuliana- su input del medico, lei si sottopone ad analisi, che non richiedeva da almeno sette anni. Sembrava in fondo la salute personificata, ed invece ecco i primi dubbi di un male terribile ad uno degli organi fondamentali del corpo. E’ un grande dolore averla perduta: la sua amicizia era stata preziosa nei giorni terribili quando morirono a breve distanza l’uno dall’altro Pino e Willi». Per la signora Palermo non c’è stato nulla da fare, come spesso capita in queste ormai, tristissime ricorrenti occasioni. Era sicura, Silvana d’andarsene, come una foglia di primavera, in quella stessa stagione dei colori che amava più di tutti. Con consapevolezza e senza paura. E, da viva, ha voluto ascoltare più volte ‘in anteprima’ la poesia che l’adorata nipotina Lucrezia aveva composto per la sua morte e che una giovane amica, tra le lacrime, questa mattina ha letto davanti alla bara, dopo l’officio funebre di don Pasteur nella chiesa parrocchiale della Natività a Passo del Bidollo, affollata di gente ed ‘intrisa’ di commozione. Soprattutto ai versi della piccola Lucrezia. «Le prime braccia che ho sentito vicino stringere forte il mio corpicino, sono state le tue, nonna. Ripenso sempre ai tuoi sacrifici che hai dovuto fare per farci sentire felici. Hai saputo giocare, capire, gioire, ma soprattutto soffrire. Sei sempre riuscita a far capire che spesso la vita riesce a tradire. Ci sentivamo davvero protetti vicino ad una nonna senza difetti. Hai aiutato un mondo intero ma pochi ti hanno detto grazie davvero. Non riesco ad immaginare che in futuro mi verrai a mancare, sarò triste e già lo sento. Leggo da tanto sul tuo bel viso tristezza e noia non hai più sorriso. Nonna ti voglio stare ancora più vicina, aiutami tu come facevi quand’ero piccina ma restami sempre tanto vicina.

FONTE: CRONACHE MACERATESI

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